Allora, che
cosa fare ? (a cura di Domenico de luca)
PRIMO PASSO: INFORMARSI
La prima cosa da fare è informarsi correttamente. Devono informarsi i
genitori per comprendere il problema, deve informarsi la figlia per comprendere
meglio il suo disturbo.
In questo può servire qualche manuale informativo di auto-aiuto che permette di
comprendere meglio il problema, eliminando convinzioni false e superficiali.
Inoltre i genitori della ragazza, anche nel caso in cui lei non fosse ancora
pronta per un intervento, possono partecipare a un ciclo di incontri sul tema
specifico: sono sempre più numerosi oramai gli studi ambulatoriali
specializzati che prevedono come approccio iniziale incontri di gruppo con i
genitori a carattere informativo.
SECONDO PASSO: SCEGLIERE IL CURANTE
Quando la ragazza è disposta ad affrontare il problema, significa che si può affrontare il secondo passo, cioè fissare il primo incontro con il terapeuta. Spesso le iniziali motivazioni della figlia non sono poi così forti né sincere, e perciò spesso è indispensabile che siano i genitori a fare la prima mossa.
Chi contattare ? Specialisti del settore di riconosciuta esperienza
o, inizialmente, il medico di famiglia, che può mettere in evidenza il
problema.
La malattia presenta infatti un aspetto nutrizionale e un aspetto
psicologico, quindi il lavoro deve essere svolto contemporaneamente da un
nutrizionista che conosca l'anoressia e da uno psicologo specializzato nei
disturbi alimentari. Solo un lavoro d'équipe può realizzare un trattamento
efficace.
È importante chiedere esplicitamente e senza timore agli specialisti se sono
competenti nei disturbi del comportamento alimentare, altrimenti si rischia
di fare un dannoso "buco nell'acqua".
Di norma, il primo incontro avviene con un medico, che poi invia a una équipe specializzata, mentre è più difficile che avvenga con uno psicologo, in quanto raramente le pazienti ritengono di essere affette da problemi di ordine psicologico: solo con il passare del tempo la ragazza comprenderà l'importanza di questo approccio.
TERZO PASSO: INIZIARE UN TRATTAMENTO
Dopo che la paziente ha accettato di partecipare a un intervento la strada
può essere ancora lunga e faticosa.
Nella maggioranza dei casi non sussiste ancora una reale motivazione al
cambiamento, la partecipazione è dettata più dalle spinte dei genitori che da
una reale consapevolezza di malattia. È comunque importante che la paziente sia
seguita, anche se non emergeranno risultati immediati. Purtroppo a volte
bisogna affrontare uno o più ricoveri d'urgenza e altre drammatiche emergenze
prima che la ragazza si convinca ad affrontare il problema.
È una realtà cruda, ma è sbagliato alimentare false speranze. A volte i
familiari e le pazienti devono vivere momenti molto difficili prima di avviarsi
sulla strada giusta, e in questo l'anoressia assomiglia molto alla
tossicodipendenza, con alti e bassi che durano anni.
QUARTO PASSO: RIFLETTERE SULLA PROPRIA MOTIVAZIONE
Per fortuna in molti casi la strada non si presenta così tormentosa e la via
della guarigione è più lineare, soprattutto se si è posta molta attenzione alla
motivazione. Se non si fa un lavoro iniziale per motivare la paziente,
l'insuccesso terapeutico è praticamente assicurato. Illudersi e
accontentarsi di un semplice "sì" della paziente è un grave errore.
È utile infatti che un bravo psicoterapeuta lavori inizialmente per qualche
mese per costruire una solida motivazione, prima di ricorrere alle sue risorse
terapeutiche.
Si distinguono 6 fasi del processo motivazionale:
La paziente si trova nella fase premeditativa quando non ha nessuna intenzione di affrontare il problema. L'anoressia è consona al suo modo di sentire, e ogni tentativo di convincerla in questa fase è molto arduo.
Capita però qualche incidente critico (ricovero, crisi familiari, rischi per
la vita, perdita degli amici) che può renderla consapevole che l'anoressia ha
il potere di distruggere la sua vita e ciò che di positivo ha raggiunto sino a
quel momento.
Comincia allora a pensare di fare qualcosa (fase della meditazione). Si
rende conto che sarebbe utile un tentativo, ma allo stesso tempo ne è
terribilmente spaventata per le possibili conseguenze.
La fase della determinazione è caratterizzata appunto dai primi incontri con uno specialista.
Entra poi nella fase dell'azione solo quando inizia realmente a lavorare (cioè determina come effetto una frequenza regolare degli incontri, un incremento del peso corporeo e un avvio del lavoro psicologico).
Infine, quando ha raggiunto un peso corporeo naturale e ha affrontato gli
aspetti psicologici sottostanti, entra nella fase del mantenimento (a
questo punto è passato almeno un anno, talvolta due).
Se la fase di mantenimento è duratura possiamo considerare "guarita"
la paziente.
È importante sottolineare che il passaggio da una fase motivazionale
all'altra è molto variabile e spesso imprevedibile. Si può rimanere a lungo
in una fase contemplativa, chiedendosi che cosa si deve fare, o alternare
periodi di fase attiva a involuzioni in fase contemplativa, durante i quali si
arresta il processo terapeutico.
Essere coscienti della variabilità dei processi motivazionali è molto utile,
perché può prevenire arresti e ricadute in terapia.
QUINTO PASSO: RINFORZARE LA MOTIVAZIONE
Un buon esercizio per avere sempre presenti le proprie motivazioni è metterle per iscritto. È un compito tipico della prima fase, ma che è bene tenere in uso anche in quelle successive. Così la ragazza potrà organizzare in veri e propri temi i suoi pensieri.
Proviamo a identificare gli argomenti essenziali:
vantaggi e svantaggi dell'anoressia;
costi e vantaggi del cambiamento (vivere senza anoressia);
sono trascorsi tre anni e sono ancora malata; scrivo una lettera a un'amica;
sono trascorsi tre anni e sono guarita; scrivo una lettera a un'amica.
Da questi temi emergono la reale volontà di cambiare e le motivazioni che
spingono la ragazza. Solo così ci si può rendere conto se c'è la coscienza dei
sacrifici che bisogna affrontare per guarire o se le motivazioni sono
superficiali propositi di cambiamento, destinati a svanire alla minima
difficoltà.
In questo caso è preferibile rimandare l'inizio della terapia, aspettando
che la ragazza sia convinta della propria scelta di salute, piuttosto che
rischiare un fallimento che lascerebbe un ulteriore segno negativo nel vissuto
della ragazza.
SESTO PASSO: STABILIRE UN CONTATTO TERAPEUTICO
Quando la paziente è pienamente consapevole del passo che sta per compiere e
ha accettato di entrare in psicoterapia responsabilmente, è utile stilare un contratto,
cioè una dichiarazione di intenti su ciò che lei si deve aspettare
dall'intervento del nutrizionista o dello psicologo (quindi gli impegni che
questi si assumono) e ciò che la paziente è disposta a fare.
Questo passaggio è indispensabile per costruire un rispettoso rapporto
terapeutico tra le parti.
Nel contratto stabilire:
la durata della terapia;
il numero di incontri;
in quali casi si dovrà sospendere il trattamento o concluderlo (mancanza di
esecuzione dei compiti per casa, non partecipazione regolare alle sedute ecc.);
le tappe intermedie da raggiungere per conseguire la meta finale.
Un contratto chiaro e corretto evita inutili oscillazioni nei rapporti, che prolungano la terapia a danno del risultato.