GLOSSARIO

 

A cura di Deborah Sanzari

 

 

Motivazione al trattamento

I pazienti con DCA, sono, per un medico, tra i peggiori pazienti in senso assoluto. Mentre infatti la maggior parte degli individui che soffre di un sintomo patologico si rivolge al medico con l’intenzione di liberarsi del suo sintomo e la massima motivazione al cambiamento terapeutico, gli individui sofferenti di DCA si rivolgono al medico con intenzioni quantomeno ambigue.

Quando infatti un paziente sofferente di DCA si rivolge al medico, di solito non lo fa primariamente per chiedere al medico di liberarlo dell’ossessione dovuta al controllo del peso o dell’aspetto fisico (che sono i suoi veri sintomi patologici), ma più spesso per essere aiutato ad esercitare un controllo meno faticoso sui suoi sintomi o per essere aiutato a recuperare un controllo che teme di aver perduto.

In realtà, quando questi individui chiedono un consulto medico, non hanno una reale intenzione di abbandonare il controllo del peso, ma sono arrivati ad un vicolo cieco e sono molto angosciati all’idea di dover rinunciare alla difesa che per anni li ha protetti da un mondo di fronte al quale si sono sempre sentiti deboli ed inadeguati.

Per molti medici è difficile tanto accogliere questo tipo di domanda, quanto tollerare la scarsa motivazione al trattamento che questi individui manifestano di fronte alle proposte di terapia.

In realtà, la maggior parte di questi pazienti, quando decide di rivolgersi al medico, spesso dopo molti anni di malattia, vorrebbe essere aiutato a cambiare ma allo stesso tempo ha una paura terribile del cambiamento. Teme cioè che se abbandonerà il suo sintomo, che è diventato ormai uno stile di vita, si ritroverà ancora più indifeso e inadeguato di fronte agli altri e ne sarà schiacciato.

Il trattamento è quindi possibile e nella maggior parte dei casi darà esito positivo, ma solo a patto di comprendere quanta angoscia si celi dietro la scorza di apparente efficienza, ossessività, perfezionismo portato fino alla sfida, che questi pazienti di solito ostentano.

Il paziente che soffre di DCA è un po' come un sopravvissuto ad un naufragio che è rimasto vivo per una settimana andando alla deriva attaccato ad un relitto galleggiante e che quando alla fine arrivano gli elicotteri del soccorso in mare e gli gettano una cima ed un salvagente si chiede quanto sia prudente abbandonare il pezzo di legno che fino a quel momento gli ha salvato la vita per attaccarsi a qualcosa di apparentemente molto più insicuro.

Cosa accadrebbe se, una volta abbandonato il suo pezzo di legno, affogasse proprio mentre cerca di afferrare il salvagente? E se poi il salvagente non fosse sufficiente a sostenere a galla il suo peso? E se la cima attaccata al salvagente si rompesse mentre cercano di issarlo sull’elicottero? E se magari l’elicottero stesso dovesse avere un’avaria costringendolo ad un ulteriore naufragio?

Tutte le volte che vorremo convincere una persona che soffre di un DCA a curarsi, cerchiamo di ricordarci di questa metafora, solo così potremo capire il suo desiderio, la sua difficoltà, e la sua paura nell’accettare l’aiuto che gli si offre.

 

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